ignoranzità e censure
È notizia di questi giorni la solita battaglia alla cosiddetta “pirateria” costruita su armi ed eserciti di cartabollata. Da qui, qualche perplessità viene fuori.
Veniamo ai fatti, solo pochi giorni fa il Tribunale di Roma ha
ordinato di bloccare l’accesso ad una serie di siti che ospitavano
materiale protetto da copyright (art. 171 ter, comma 2 della legge sul
diritto d’autore).
Tra i siti “oscurati”, figurano alcuni famosi e altri meno
conosciuti. Tra questi, evitando di enumerarli tutti, siti come
piratestreaming.net, videopremium.me, putlocker.com, più o meno
conosciuti come depositari di contenuti multimediali. Mi è venuta in
mente una prima, forse banale, considerazione: se un utente inserisce un
file protetto, da quanto emerge, ne risponde chi offre il servizio di
deposito. Bene, arguta osservazione, quindi se un mio inquilino ruba, è
giusto che io non possa più disporre della casa, anche se insieme a lui,
c’erano inquilini che non avevano fatto niente di male, se una persona
non paga il biglietto del treno, è giusto vietare l’uso dei treni a
tutti, se c’è un terrorista in una città, è giusto (meglio dire, lecito)
bombardare tutta la città… Complimenti!
Tra i siti chiusi, meglio dire “oscurati” (perché nel confuso
panorama internazionale non abbiamo poteri di intervento, solo una
triste possibilità di censura nazionale),
figura mega.co.nz, il sito di archiviazione di Kim Dotcom che, dopo le
inchieste e i fatti legati a megaupload, ha avuto la massima cura nel
crittografare ogni documento a fine di escludere ogni responsabilità
logica dell’hosting verso l’operato degli utenti. La stragrande
maggioranza dei quali, lo utilizza per backup di documenti e file
rigorosamente legali.
Mi chiedo, con qualche perplessità, se le evoluzioni e i cambiamenti
tecnologici possono, in un quadro di “ignoranza digitale” così ampia,
essere tutelati e quanto possa esserlo ciascuno di noi. Al momento, la
censura, arma prediletta di molte realtà moderne, sta prendendo ancora
una volta il largo, con buona pace per ogni speranza contemporanea di
partecipazione e libertà digitale.
C’è bisogno di regolamentare internet? Forse, ma consapevolmente e, prima di tutto, imparando a conoscerlo
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